Durante le festività ho passato due settimane nella mia bellissima città natale, Siracusa. Con un po’ di nostalgia e tanta tanta emozione ripenso a quei giorni, ai miei cari e ai miei cari… luoghi! Non mi dilungherò su particolari geologici in questo articolo, vi basti sapere che le rocce di Siracusa sono bianche e… abbastanza resistenti. Così le troverete in lunghe e alte scogliere che, insieme al cielo, fanno da cornice al mare creando dei paesaggi mozzafiato.

Quello che ho appena scritto non ha niente di scientifico, ma mi serve per farvi capire che la roccia di cui stiamo parlando, sedimentaria di tipo calcareo, non è morbida come un’argilla né dura come il granito. In ogni caso, è una roccia talmente “competente” da poter resistere in pareti verticali, chiamate falesie.
La formazione di queste pareti, a strapiombo sul mare, è dovuta principalmente all’azione erosiva e modellatrice del mare stesso. Questo tipo di erosione viene chiamata abrasione e si esplica tramite l’incessante e continua azione del moto ondoso, soprattutto durante le mareggiate.
Il potere abrasivo della massa d’acqua viene accentuato dal trasporto di sabbia, ghiaia e ciottoli che vengono letteralmente scagliati contro la parete stessa. L’erosione insiste su una zona ben precisa corrispondente al livello medio del mare che, alle nostre latitudini, ha solo una leggera variazione in funzione delle maree. Questo impatto, dunque, si concentra in una zona molto ristretta della parete scavando una sorta di scanalatura denominata “solco di battente” o “solco di battigia”.

Altri fenomeni intervengono nel processo, rendendo debole la roccia. Si tratta degli agenti atmosferici (pioggia, vento, cambi repentini di temperatura, ecc.) che, attraverso la loro azione fisica e chimica, indeboliscono la struttura della roccia, rendendola più vulnerabile.
Man mano che l’erosione approfondisce il solco e la roccia si indebolisce, intere porzioni di roccia crollano. Con il passare del tempo, i continui cedimenti delle pareti fanno sì che la falesia subisca un progressivo arretramento.
Piccoli crolli avvengono di continuo, ma nemmeno l’occhio più attento riuscirebbe a notarli. Quando invece si verificano delle vere e proprie frane, i volumi in gioco sono enormi e il loro distaccamento cambia per sempre l’aspetto del paesaggio che siamo soliti osservare. Questo fenomeno è tanto più evidente quanto più il luogo è frequentato e quanto più siamo legati affettivamente allo stesso.
È quello che accadde nel 2017 a Siracusa quando, durante una mareggiata, si staccò un pezzo dal più grande dei due scogli denominati affettuosamente i “Ru Frati”, ovvero i “Due Fratelli”. La porzione crollata ha reso visibile dalla costa una grotta che prima si vedeva solo dal mare. Il golfo dei Ru Frati è frequentatissimo soprattutto dagli appassionati di tuffi che si cimentano in sfide di coraggio e abilità da decenni. La casa dei miei nonni è proprio là di fronte e sono tanti i ricordi che ho di quel pezzo di mare. I campi e la ferrovia da attraversare, le discese impervie per raggiungere il golfetto, la scogliera affollatissima di bagnanti e i racconti di gioventù di mio padre e dei suoi innumerevoli tuffi… io non ci ho mai provato, preferisco ammirare il paesaggio!

